Non è facile cambiare i comportamenti propri ed altrui (per esempio del proprio team), specie se questi sono legati ad abitudini stratificate nei decenni. Lo stesso discorso vale quando si cerca di cambiare la mentalità. Si pensi che i budget che molte organizzazioni investono nello sviluppo delle loro persone spesso sono imponenti, e oggi la tecnologia consente di avere un approccio ancora più sofisticato alla formazione. Eppure, anche se consideriamo le stime più ottimistiche, queste iniziative si traducono in reali cambiamenti comportamentali sul posto di lavoro solo nel 34% dei casi, secondo una ricerca della University of Toronto. E quanto più la competizione nel business si fa complessa e lo sviluppo tecnologico richiede un sempre più veloce rinnovo delle proprie competenze, tanto più i professionisti devono capire come migliorare questo aspetto, come trasformare le opportunità di apprendimento in cambiamenti reali della propria mentalità e dei comportamenti agiti.
Già, ma come fare?
Fortunatamente McKinsey ha elaborato un semplice strumento, chiamato “influencing model”, che può essere utilizzato sia dai manager e da chi si occupa di formazione e sviluppo, e che quindi vuole facilitare il cambiamento di altri, sia da tutti i professionisti stessi, che possono fruire più consapevolmente delle opportunità di crescita che hanno a disposizione in un’organizzazione, in modo da avere un impatto maggiore quando si tratta di cambiare la propria mentalità e i propri comportamenti.
Vediamo come funziona questa mappa, che parte dalla premessa che “io cambierò la mia mentalità e i miei comportamenti se…” …se si verificano 4 condizioni, ovvero:
1) Comprensione
Viene favorita la comprensione del cambiamento richiesto, perché tutti noi capiamo meglio ciò che ci viene richiesto quando ci viene spiegato il “perché” dovremmo cambiare e ci vengono date ragioni convincenti. E se non ce le danno, prendiamo l’abitudine di chiederle! Pensate che le ricerche mostrano come la probabilità di successo delle trasformazioni organizzative si moltiplica per 6 quando i CEO racconta il senso del cambiamento attraverso una “storia” convincente. E questo, scendendo nella piramide organizzativa, vale anche per tutti i manager, ai quali conviene stimolare comportamenti diversi nei collaboratori, spiegandogli le ragioni e i risultati attesi.
1) Conoscenze e Competenze
La seconda condizione riguarda la disponibilità delle conoscenze e delle competenze necessarie per compiere quel cambiamento che ci viene chiesto: perché il professionista si chiederà: “Ok, mi hai convinto, ma avrò l’opportunità di apprendere ciò che mi serve per cambiare?” E qui mi capita spesso di iniziare progetti formativi con aziende che partono da un’interlocuzione del tipo: “Luigi, vorrei una formazione su questi argomenti”, e segue la lista dei topic da trattare. E qui l’errore che si può fare è partire subito con la progettazione, la convocazione e l’aula o la virtual classroom, ignorando completamente quelli che erano gli effettivi bisogni dei partecipanti, le loro intenzioni di apprendimento, il loro livello di partenza su quei topic, perché nessuno gliel’ha chiesto, li ha coinvolti. Lo so, è più complesso, si introduce un altro attore che può darci dei problemi, ma chi fa formazione, dall’HR manager al formatore stesso, deve necessariamente avere una curiosità spasmodica verso i beneficiari della formazione, in modo da offrirgli le soluzioni migliori.
1) Modelli di riferimento
Il terzo riguarda la disponibilità non di competenze ma di modelli di riferimento, e quindi di persone che quel cambiamento auspicato già l’hanno realizzato perché manifestano quella mentalità e mostrano quei comportamenti desiderati. Possono essere leader, colleghi, CEO, e guardando loro ci viene voglia di imitarli. Ma prima di cambiare, le persone spesso hanno bisogno di percepire intorno a sé già delle tracce di questo cambiamento. In genere, le soluzioni che battono su questo punto possono essere i role play, oppure le “simulazioni”: immaginatevi, per esempio, di dare la possibilità ai dipendenti di osservare due diversi scenari di interazione con un cliente. E nella seconda scena mostrata, c’è qualcosa che funziona meglio, ed è proprio mostrando questo “qualcosa” di più funzionale, che si cerca di ispirare modelli comportamentali diversi.
1) Rinforzo
L’ultimo aspetto ha a che fare con i meccanismi di rinforzo, che in termini di politiche e prassi organizzative, di strutture e processi, devono supportare il cambiamento. Per esempio, se un’azienda vuole diffondere il “coaching approach” come stile manageriale prevalente, favorendo approcci che si basano maggiormente sull’autonomia dei collaboratori e che sono meno direttivi, ma poi il processo di goal setting è fatto da MBO calati dall’alto, e quindi gli obiettivi vengono assegnati a cascata dal vertice organizzativo, bene abbiamo un esempio di conflitto. Questi meccanismi di rinforzo possono riguardare i processi di performance evaluation e i sistemi di compensation, ma possono anche far leva sulla gamification. Pensate, per esempio, a quando si applica la gamification ai programmi formativi, fornendo feedback immediati o contenuti proposti a seconda del livello di competenze del lavoratore. La gamification, i badge e i certificati, così come dare l’opportunità ai leader di competenza di condividere il proprio know how e dimostrare la propria esperienza, può essere un grande stimolo all’apprendimento e al cambiamento. E queste soluzioni hanno ancora più senso quando non è possibile assicurare con frequenza dei rinforzi monetari, perché sono soluzioni costose. Tra l’altro, nella formazione uno dei meccanismi di rinforzo più motivante è dare a chi apprende la possibilità di scelta rispetto a cosa apprende, in modo da potersi personalizzare il percorso formativo in base a cosa effettivamente mi serve a lavoro.
Quindi, ricapitolando, cambiare mentalità e comportamenti non è cosa da poco, e per stimolare questo cambiamento spesso non basta seguire la logica dell’adempimento.
Del tipo: “Vabbè, il corso di formazione l’ho fatto!”, e non è sufficiente comunicare e basta ciò che serve cambiare. Occorre, invece, facilitare questa transizione anche spiegandone il “perché”, possibilmente attraverso una “storia” convincente, mettendo a disposizione opportunità di apprendimento per sviluppare le competenze necessarie, oltre che dei modelli di riferimento, e introdurre dei meccanismi HR di rinforzo.
PS: Trovi in questo articolo di McKinsey altri dettagli sull’influencing model.