Come impostare un intervento di counseling aziendale?
Meglio scegliere la dimensione individuale o quella di gruppo?
Se è vero che in azienda non c’è quel “movimento verso” del cliente da cui ha origine il primo contatto nel counseling privato, è anche vero che mentre quest’ultimo dura circa 10 incontri, i “tempi rapidi” aziendali permettono interventi più limitati.
Questo deriva da tre considerazioni.
- Primo, il counseling è una novità nel panorama aziendale italiano e come tale deve essere trattato. In altre parole, sarà più efficace presentare progetti più circoscritti (come fossero dei “pilota”) piuttosto che lunghi percorsi che possano apparire al committente più rischiosi.
- Secondo, il modo di vivere odierno è sempre più veloce (si pensi agli SMS o alla navigazione internet) e la vita aziendale lo è ancora di più (“frenetica” è forse l’aggettivo che meglio la descrive); per questo, che piaccia o no, oggi scarseggia la pazienza necessaria per seguire ciò che è lungo: spesso risulta più convincente solo ciò è breve e chiaro.
- Terzo, il counseling aziendale deve trovare quello che nel marketing si chiama “posizionamento” rispetto ad altre discipline affini e al momento più note (coaching, formazione esperienziale, etc.); un buon posizionamento può emergere se il counseling fa emergere tutta la sua efficacia in modo efficiente, in altre parole, se riesce a portare benefici nonostante sia poco il tempo dedicato.
Il mio suggerimento è che, se il counseling vuole entrare in azienda, occorre farlo gradualmente, per destinatari più “accessibili” e impatti più circoscritti, estremamente chiari e coerenti con quelli che sono i fabbisogni aziendali più noti e sopra citati (per esempio, leadership, team bulding, focus group, change management individuale e di gruppo).
A mio parere, infatti, il counseling aziendale deve puntare ad un buon posizionamento nel panorama delle offerte di consulenza che possono arrivare alle organizzazioni e dare risposta a bisogno circoscritti ancora scoperti da soluzioni già percorse.