Qual è il significato che può assumere il lavoro oggi?
Alla base del prestigio e dell’autostima, esso è diventato parte integrante dell’identità della persona, non più “una delle principali dimensioni” della stessa. Si consideri questa affermazione anche in relazione alle ore giornaliere lavorate, in crescita costante.
A questo punto appare più chiaro perché il counseling aziendale debba orientarsi verso dimensioni di stretto connubio tra sfera lavorativa e sfera privata perché, considerando solo un ambito, l’intervento sarebbe depotenziato. Si può affermare, addirittura, che la distinzione tra le due sfere è oramai poco significativa e che il counseling aziendale, prendendo in considerazione le finalità del committente (l’organizzazione), non può “dimenticare” l’abito lavorativo come focus di azione.
A questi due principali motivi, si aggiunge un’altra considerazione, legata al tipo di interventi che in genere si possono sviluppare dentro la “frenetica” vita aziendale, che probabilmente si configureranno come interventi brevi, di 2-3 incontri. Appare, dunque, conveniente usare il poco tempo a disposizione a favore di obiettivi più specifici e circoscritti o, quanto meno, assai ben delineati. In questo senso, scegliere come ambito di intervento tematiche vicine al lavoro può agevolare e indirizzare l’obiettivo degli incontri.
Quanto alle risorse sulle quali focalizzare l’intervento, se le dimensioni individuali rispetto alle quali un counseling tradizionale può incidere sono le cosiddette competenze per la vita (“life skills“) come il senso critico, l’autoconsapevolezza, la gestione delle emozioni o l’empatia, nel caso del counseling aziendale le competenze posso anche essere rivolte più specificatamente al contesto lavorativo: problem solving, decision making, creatività, capacità relazionali, comunicazione efficace, gestione delle emozioni, gestione dello stress.
Usare queste “parole” riconosciute nella vita aziendale, piuttosto che “nominare” concetti rogersiani come l’autenticità o il calore, serve anche a scongiurare che la proposta di counseling venga associata alla possibilità di mandare i dipendenti sul lettino di uno psicologo. Nel formulare il progetto inizialmente occorre evitare di dare eccessiva enfasi alle dimensioni emozionali ma concentrarsi sulla dimensione tecnico operativa dell’intervento cercando di prendersi carico soprattutto del bisogno rilevato dall’organizzazione. Occorre ricordare a tal fine che introdurre un percorso di counseling è una sfida non solo per il counselor (che deve guadagnarsi la fiducia della committenza) ma anche per i manager che lo promuovono, che vogliono scongiurare nuove criticità ed evitare, detta in parole povere, “brutte figure” rispetto ai vertici aziendali qualora questa esplorazione su terreni ancora sconosciuti faccia scaturire eventi inopportuni.